Nel suo viaggio per il mondo il fotografo Carlo Orsi ha portato con sé la bella lampada da tavolo Three Sixty, disegnata da Foster + Partners e prodotta da FontanaArte. Collocata nei più disparati contesti, quasi fosse un prolungamento del suo stesso apparecchio fotografico, scatto dopo scatto l'ha fermata in una sequenza di immagini in bianco e nero.

Ma Orsi ha fotografato la lampada o i paesaggi circostanti che ha sapientemente orchestrato come scenografie?

Sorprende che l'oggetto-pretesto per questo viaggio attorno alle meraviglie del mondo risulti, alla fine di questa avventura, quasi sempre slegato dalle atmosfere e dallo spirito suscitati dalle scene che riaffiorano dalla pellicola stampata.

La lampada, bella e intelligente che sia, appoggiata al nudo suolo della terra indiana o sugli improvvisati supporti granitici delle montagne americane, è avulsa dall'atmosfera che caratterizza l'intorno.

Vi è come un voluto distacco fra questo oggetto di design, alla ricerca di una improbabile pubblicità propria del mondo globalizzato, e la specificità delle scene e dei paesaggi che continuano a parlare dell'ineluttabilità delle presenze e delle memorie locali. Non esiste complicità fra l'oggetto "lampada", fonte di queste attenzioni, e le emozioni che i territori ritratti riescono a comunicare.

Carlo Orsi è fotografo di esperienze intense e di mondi autentici; il rigore etico dei suoi scatti è superiore al mero compiacimento estetico delle sue immagini.

La poesia dei contesti e l'intensità delle scene che il fotografo ripropone, spingono l'osservatore a sentirsi protagonista di questa avventura; solo in un secondo tempo si affaccia la presenza "estranea" di quell'oggetto-soggetto così lontano dallo spazio della scena narrata.

Quella lampada ritratta è segno della nostra cultura, della nostra identità; simboleggia la parte di noi stessi irrimediabilmente lontana dagli equilibri e dalle culture di quella umanità fotografata di cui riusciamo solamente a percepire un'eco lontana.