La forma del ritratto nelle fotografie di Carlo Orsi
Mentre apriamo le cartelle e scorriamo le fotografie inizio a cogliere l'importanza di questo corpus. Gli scatti che scegliamo si concentrano in particolare tra il ‘75 e il ‘95, ma abbracciano un periodo più ampio che va dagli anni Sessanta agli anni Duemila. La raccolta contiene ritratti di attrici, cantanti, artisti e intellettuali nella loro gioventù, immagini che mi sorprendono se confrontate con l'idea che ho di loro oggi; alcuni ritratti in studio, altri in ambienti più intimi e personali. Dei primi Orsi cattura gli sguardi intensi di chi mantiene la maschera restando personaggio, divo, e quelli giocosi di chi si lascia attraversare e colpire dalle luci qui mantenute più morbide. Nelle fotografie in esterno, tra strade e salotti, il fotografo dimostra la sua capacità di instaurare rapporti di amicizia con i soggetti e di rappresentarli in momenti riservati, come Tadini e Adami mentre creano nei loro studi.
(Margherita Magnino, in PercORSI. Le forme del ritratto nelle fotografie di Carlo Orsi, catalogo della mostra [Brescia, Ma.Co.f Centro della Fotografia Italiana, 18 maggio-21 luglio 2024], MF edizioni, Brescia 2024)
Quando ci si trova di fronte alle fotografie di ritratti si tende a dimenticare chi li ha realizzati per concentrarsi sui soggetti. […] Proviamo allora a guardare i ritratti realizzati da Carlo Orsi vincendo la tentazione di sbirciare le didascalie che indicano nomi, date e luoghi […]. La prima cosa che salta subito all'occhio è la bravura utilizzata dal fotografo nell'evitare di ripetersi, di usare, cioè, una sorta di modello estetico all'interno del quale collocare qualsiasi soggetto a prescindere dalle sue caratteristiche. È probabile che tutto ciò derivi dalla sua frequentazione del mondo della moda che stimola i fotografi a proporre sempre nuove suggestioni e da quello spirito del bravo fotoreporter che è stato che induce a considerare le persone non solo come tali ma anche e soprattutto come elementi del mondo di cui fanno parte. […] Già, perché un ritrattista non è chi si limita a mettere al centro del suo mirino un volto - questa, per dire, è la ragione per cui nessuno si riconosce davvero in una fototessera che sembra inadeguata e banale perché lo è - ma chi è capace di stabilire con il ‘suo’ soggetto un processo di reciproca complicità. È un rapporto dialettico fatto di molte piccole ma importanti sfumature perché il soggetto alterna la disponibilità a farsi individuare nel profondo a qualche momento di comprensibile ritrosia mentre il fotografo, alternando garbo e decisione, cerca di individuare quel quid che trasformerà uno scatto in un vero ritratto, quello in cui la persona e chi l'ha ripresa si sentano reciprocamente realizzati.
(Roberto Mutti, Il ritratto come indagine sulla vita, in PercORSI. Le forme del ritratto nelle fotografie di Carlo Orsi, catalogo della mostra [Brescia, Ma.Co.f Centro della Fotografia Italiana, 18 maggio-21 luglio 2024], MF edizioni, Brescia 2024)
Social
Contatti
archivio@carloorsi.com